Nato ad Aosta il 30 maggio 1956 da una ragazza madre di nome Felicita, Piero Chiambretti è un comico, un brillante conduttore televisivo, attore e regista. Si forma a Torino, frequenta il DAMS di Bologna, fa il disc-jockey sia in discoteche che in alcune emittenti radiofoniche torinesi. E’ anche animatore turistico, dal 1981 al 1986, su navi da crociera, mostrando così il suo spiccato senso dell’umorismo. Nel 1982 si presenta in mutande a un provino (insieme con Fabio Fazio, Alessandro Cecchi Paone e Corrado Tedeschi) e vince concorso RAI “Un volto nuovo per gli anni ‘80”, dove incontra Bruno Voglino. L’esordio in RAI risale al 1983, su “Forte fortissimo Tv Top”. Ma, appare anche su “Quo vadiz?” nel 1984. Il successo arriva nell’autunno del 1987, quando RAI 3 lo ingaggia per il programma “Va’ pensiero”: Chiambretti, seduto su un divano collocato in una piazza, ferma i passanti e chiede a loro a impersonare i familiari di un vip. E’ sempre su RAI 3 che il comico incrementa la sua notorietà: “Goodbye Cortina”, “Il portalettere”, “Servizi segreti”, “Il laureato: viaggio ai confini della facoltà”. Grande appassionato di cinema, nel 2000 scrive, dirige ed interpreta “Ogni lasciato è perso”. Nel 2003, passa a LA 7 con il programma “Markette” nel 2007, Pippo Baudo l’ha voluto nel suo Festival di Sanremo assieme a Michelle Hunziker, e l’anno successivo conduce sempre dal teatro “Ariston” il festival della canzone italiana sempre assieme al Pippo nazionale. Nel 2008, passa a Mediaset, dove su Italia 1 conduce in seconda serata il “Chiambretti night-Solo per numeri uno”. Nel 2013, in coppia con Michelle Hunziker, conduce “Striscia la notizia” su Canale 5, ottenendo un grande successo e degli ascolti e della critica. Poi, è il 2014, torna su Italia 1 con “Chiambretti Supermarket”, e nel 2015 è su Canale 5 con “Gran Hotel Chiambretti”. Si unisce a Federica Laviosa, e nel 2011 nasce Margherita. Il Pierino nazionale, tifosissimo del Torino calcio, è anche un vivace imprenditore: possiede locali e pizzerie.
Piero, hai giocato a calcio, hai fatto sport?
<<Sì, beh, il calcio è lo sport che ho prediletto fin da bambino, ho giocato nei Pulcini del Torino. Però, i Pulcini, a un certo momento sono cresciuti, sono diventati tacchini, invece, io sono rimasto Pulcino e a me di prendere un sacco di botte non andava. Poi, avevo lo spirito critico fin da piccino: quindi, quando ho capito che il fisico che avevo, pur avendo dei piedi buoni, non poteva supportarmi in un gioco così fisico, ho lasciato il calcio e mi sono dilettato nello scopone scientifico, così sono seduto e non mi faccio male, mi sono detto>>.
In che ruolo giocavi?
<<Ala destra, inizialmente, poi, sono diventato un interno di centrocampo, un numero 8 che cercava di prendere palloni, ma più che altro di smistarli. Non entravo mai in area per paura di farmi male. Molti molti anni dopo, vado in Egitto con degli amici, partita sulla spiaggia, che è il terreno migliore per poterti fare del male, e ci avevano pompato per due-tre ore dicendo che avremmo dovuto vincere la partita Italia contro Egitto, con un “dai, gioca, dai gioca!”, mi sono messo a giocare, per la prima volta nella mia vita mi sono messo a fare un triangolo in area con un ragazzo che mi ripassa la palla dentro l’area; a quel punto, ho chiesto il triangolo, dovevo andarlo a chiudere, ma, più che chiudere il triangolo, mi hanno chiuso in due – il portiere avversario e il terzino, 150 kg il portiere, 90 kg il terzino – mi sono spaccato il ginocchio in due pezzi>>.
In campo, con il numero 8, nella vita, invece, Piero Chiambretti attaccante, per via della battuta facile, salace, che conquista gli spettatori? <<Ma, sai, quella è un’abitudine – dovrei dire talento, ma, chi si loda si sbroda… -è una capacità che ho innata. Però, e lo dico spesso quando mi sottolineano questa capacità, ebbene, dico anche che Picasso sosteneva che un genio lavora dodici ore al giorno. Io che non sono un genio, devo lavorare ventiquattro ore. Non è così semplice, non basta una battuta per aver svoltato, bisogna lavorare. Io sono per il casino organizzato, cioè una preparazione preventiva per gli spettacoli che faccio, molto forte, poi, due minuti prima di andare in onda dimenticare tutto, ma sapere di conoscere tutto>>.
Perché è più difficile far sorridere che far piangere?
<<E’ evidente che sulle disgrazie, sul dolore condiviso è molto facile piangere. La pelle d’oca per una disgrazia ti porta a un attimo di emozione che solitamente la risata non ti dà. Cioè, ti puoi emozionare anche per una risata, ma sono atteggiamenti psicologici diversi, e, quindi, pronunciare una qualunque frase del proprio percorso – vedevo l’altra sera un pezzettino di “Ics Factor”, una ragazza diceva “non ho avuto il padre, ho cambiato tre famiglie, ora sono felice con la mia ultima famiglia trovata a Bergamo”, bene, è bastato quello e poi andare in scena cantando una canzone, che l’emozione ha percorso le vene di tutta la sala e di noi a casa>>.
Cos’è che ti commuove particolarmente?
<<Da quando sono diventato padre di Margherita, che ora ha sei anni (ndr), non posso più vedere al cinema, al telegiornale, sui giornali, storie che abbiano a che fare con bambini maltratti o sfortunati come quelli che vediamo negli ospedali, magari incurabili, ma sempre con il sorriso sulle labbra perché spesso inconsapevoli, altre volte invece no, del loro destino così amaro così crudele. Quindi, mi commuovo facilmente laddove c’è un bambino>>.
In te ha vinto più il cuore che la ragione, mai come adesso che scopriamo un Chiambretti molto passionale, emotivo? <<Diciamo che io sono dei gemelli con scendente pesci, quindi, siamo in quattro. E, quindi, almeno uno dei quattro gemelli che fanno parte dei due più i due pesci – parliamo di astrologia, anche ci si può credere relativamente – almeno una delle quattro personalità che porto con me è quella di un romantico, l’ultimo dei romantici. Quindi, il cuore c’è, la passione c’è, l’istinto anche; e, forse, provando a essere un altro dei quattro – quello più cinico – ho sbagliato tutto perché avessi fatto scelte molto più prammatiche oggi forse potrei raccogliere di più di quello che ho raccolto. Che, comunque, è tanto>>.
Al posto del comico, cosa ti sarebbe piaciuto di più fare?
<<Da bambino, giocavo a fare il giornalista sportivo: avevo un registratore Philiphs che ricordo ancora con molta simpatia, poi, ho avuto un Geloso, che era una baracca con sopra dei tasti colorati che avevano attratto l’attenzione di milioni di persone – era il packaging vincente! -, e mio mi ricordo che spesso e volentieri mi mettevo a fare radiocronache, finte interviste. Quindi, giornalista sportivo o il telecronista, che poi ho fatto a modo mio, negli anni 90, in un programma che si chiamava “Prove tecniche”, e che fu ampiamente copiato l’anno dopo in “Quelli del calcio”>>.
La scaramanzia per un uomo di spettacolo quale sei tu, ce l’hai?
<<Poco, però, ho una madre che è numerologa, vagamente sensitiva, noi veniamo da Torino, quindi, abbiamo sempre un po’ l’antenna che cerca di captare onde diverse da quelle che vedono, un pochino sto attento, ma non sono scaramantico da mettere in tasca il corno, pronunciare una certa frase in un certo modo anziché in un altro>>.
Di che cosa non può fare a meno Chiambretti nella vita di tutti i giorni?
<<Oggi, di mia figlia: quando la si ha a un’età avanzata il sapore di essere padre è un sapore che non ha prezzo. Detto questo, una cosa di cui non posso fare a meno è un’idea, devo sempre avere un’idea, magari non buona, ma un’idea>>.
Il tuo idolo calcistico?
<<Il mio idolo? E’ Claudio Sala, “il poeta”>>.
Andrea Nocini per www.pianeta-calcio.it (settembre 2017)