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domenica, 28 Aprile 2024
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INCONTRI RAVVICINATI: JOSE’ RAMOS

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José Ramos nasce a Roverchiara di Verona il 2 maggio 1998. Figlio e nipote di circensi, fin da piccolo si esercita a diventare giocoliere. La partecipazione a “Tu sì que vales”, programma su una rete Mediaset con Maria De Filippi, gli conferisce la notorietà, anche perché, senza fare tutte le batterie, arriva dritto alla finalissima della competizione. Studia Economia e Commercio alla “Cattolica” di Milano e tra i suoi sogni c’è anche quello di sfondare nel mondo del circo. José Ramos è il giovane giocoliere di Roverchiara di Verona che si è imposto all’attenzione arrivando alla finale del programma in onda su Canale 5 ,“Tu si que vales”, condotto da Maria De Filippi e con la partecipazione anche di Jerry Scotti. Nato il 2 maggio1998, studente alla “Cattolica” di Milano in Economia e Commercio, José porta avanti la tradizione circense iniziata dal nonno Angelo Turrini e dalla nonna, e dai genitori.

Come è nata la passione di giocoliere?
“Ero bambino, ero assieme a quelli del circo, ho cominciato a giocare, un po’ per scherzo un po’ per gioco, con delle palline da tennis, ho cominciato ad appassionarmi, a vedere dei film su You Tube, ho cercato di imitare i più bravi di questo campo, fin quando non ho acquistato le palline professionali per esercitarmi sul serio. Mi sono allenato, per mesi e mesi, ho messo su qualche spettacolino, e dove lavoravano i miei genitori ho avuto la possibilità di esibirmi nel loro spettacolo. Ho continuato ad allenarmi anche qui a casa dei nonni, a Roverchiara, fino a quando un giorno, vedendomi su internet attraverso i video che io inoltravo, mi hanno chiamato gli studi televisivi di Mediaset, chiedendomi se andavo a fare un provino”.

Qual è il tuo sogno? Di terminare gli studi a Milano di Economia e Commercio,  dove hai appena superato l’esame?
“Ho preso 28/30 in Micro Economia, mantenendo la media del 27, ma cercando sempre di migliorare, ma, il mio sogno è di laurearmi cercando di conseguire il miglior punteggio, per poi fare la specialistica in una qualche Università importante, quale ad esempio, Madrid, forte nel Marketing”.

Quindi, non intendi proseguire nella carriera di giocoliere professionista?
“Non lo so, sinceramente, perché sono uno che vive molto alla giornata: se ci sarà un risvolto nell’ambito della giocoleria e delle arti, bene, ma, per ora il pensiero primario è quello di portare a termine gli studi universitari e nel frattempo vedere quali strade possono essere aperte”.

Fossi stato ancora più alto, la giocoleria ti sarebbe venuta ancora meglio? Nel calcio, vedi Maradona o Messi, chi ha il baricentro basso, è favorito nel gioco del pallone…
“I migliori giocolieri al mondo sono alti sul metro e 90, due metri, perché nel mio stile di giocoleria, il basinball, le palline che devono rimbalzare per terra e poi tornare in alto, se sei più alto hai più tempo per seguire la pallina che risale e quindi fare meglio i tricks ed utilizzare le palline. Non per niente, il russo Alan Sulle, uno dei migliori giocolieri al mondo, al quale mi sono sempre ispirato, è alto due metri e dieci”.

Trapezista, no?
“Mio papà, Osvaldo Ramos, era trapezista, è entrato da piccolo nel mondo dei trapezisti perché la sua famiglia veniva da quel mondo e aveva messo in piedi una troupe di trapezisti dal nome Rodohel, so saltare bene a terra, so compiere le acrobazie, i salti mortali, che mio padre da piccolo mi ha sempre insegnato, ma non ero così appassionato”.

La mamma?
“Giovanna Turrini, si fa chiamare Anny, è sempre stata nel retroscena, non ha mai praticato un’arte nel mondo dello spettacolo, ma ha sempre aiutato mio padre, nel gestire le cose, ricoprendo, anche adesso, il ruolo di gestore della partner, e certe volte, soprattutto nei recenti show che hanno messo in piedi nelle loro tournée,  mia mamma sostituisce mio papà, esibendosi al posto suo, in uno spettacolo che si chiama “Laser Man”, e che consiste in un gioco di luci, gestite dalla persona che è al centro della pista”.

Quali le doti di un bravo giocoliere?
“L’equilibrio, la continua attenzione, bisogna mantenere una posizione stabile perché se si registra qualche oscillazione nei movimenti del baricentro ed anche delle gambe, la pallina non segue il movimento da te prescelto e sfugge via”.

Hai giocato a calcio, da ragazzino, ti piaceva?
“Sì, mi piaceva, avrei continuato a giocare, è che andando a Milano a studiare non riuscivo a conciliare lo studio, il calcio e la mia passione di giocoliere. Giocavo esterno alto, mi piace correre, continuo a farlo nei tornei tra amici e tra studenti universitari, sono arrivato alle soglie della Prima squadra dell’A.C. Oppeano, allora in Eccellenza”.

Quante ore al giorno ti impegnano gli esercizi con le palline?
“Quando si avvicina l’appuntamento, almeno due ore al giorno devo dedicare agli esercizi, perché devi essere sicuro su tutti i movimenti e le possibili variazioni di traiettoria delle palline. Soprattutto, i movimenti sono completamente diversi nei cambi, ovvero quando passi dalle 4 alle 5 palline, di conseguenza, quando crei una nuova esibizione devi imparare bene a memoria tutti i movimenti e soprattutto coordinarsi bene con la musica perché nel momento in cui non ti ricordi o non sai che cosa fai in quel momento lì, rischi di fallire l’esibizione”.

La musica ti impartisce il ritmo, o no? A che musiche sei abituato?
“Esattissimo. Preferisco musiche molto allegre, con una bella batteria sotto, un bel tempo molto sostenuto”.

Tipo?
“Oddio, le cambio sempre. Ho usato “Superstition” di Stevie Wonder, ho usato “Treasure” di Bruno Mars, oppure le canzoni di Michael Jackson, musiche sempre sostenute, animate da un bel ritmo, che scandiscano bene il tempo in modo che ogni qualvolta che ci sia un cambio oppure un bridge durante la canzone, so che è il momento di cambiare e mi scandisce l’esibizione”.

Freddie Mercury?
“Mi piace, i Queen mi sono sempre piaciuti perché sono amante di un certo tipo di musica, vedi i Beatles, i Rolling Stones, Freddie Mercury potrebbe essere un’idea per la musica da fare da sotto fondo per le prossime esibizioni”.

Il nonno, Angelo Turrini, era un grandissimo direttore d’orchestra del circo, era partito suonando la fisarmonica per specializzarsi nella tastiera. Tu suoni qualche strumento?
“Sì, ho fatto pianoforte per 8 anni, canto per 6, purtroppo, per i numerosi impegni che sto seguendo, ho un po’ trascurato queste due passioni”.

Qual è il tuo canto libero…?
“Bella domanda! “Across the universe” di John Lennon dei Beatles”.

Se tu non proseguissi l’arte circense dei tuoi nonni e genitori, daresti a loro un dispiacere?
“Se anche un giorno non dovessi proseguire la loro strada, io sono convinto che loro che mi capirebbero e che mi apprezzerebbero perché sono nato in un altro contesto, sono figlio del mio tempo, rispettando la mia vera vocazione e puntando, prima di tutto, alla mia felicità nel potermi un giorno realizzare in qualche campo che non sia quello dove loro sono emersi, si sono fatti valere”.

Qual è stata l’emozione più potente, come giocoliere, che finora hai provato?
“Quando da una chiamata dagli studi televisivi di Mediaset ho partecipato a “Tu sì que vales” mi sono ritrovato direttamente in finale, senza dover sostenere le fasi eliminatorie, ed ottenendo il 100% dei consensi dei giudici e l’acclamazione di tutta la giuria popolare. E’ stata una cosa talmente inaspettata, che non pensavo stesse capitando proprio a me. Infatti, ero talmente euforico, che non ricordo niente di quei momenti”.

Mi ricordi il tuo attimo con Belen Rodriguez?
“Ero talmente preso dalla foga dell’attimo, ho voluto cogliere al meglio l’opportunità che avevo davanti, e la prima cosa che mi è venuto spontaneo fare è stato quello di correre incontro a Belen, abbracciarla, baciarla, come se fosse tranquillamente una mia amica. Però, dai, è stata una cosa simpatica, che tutti hanno preso bene, poi, le mie foto su internet mentre bacio Belen. Io alto 170 cm e lei, con i tacchi, arrivava a 190 cm”.

La De Filippi?
“Una grandissima donna, tutta composta, non fa un sorriso, ma parla con le sue espressioni facciali”.

Jerry Scotti?
“Simpatico, nel retroscena molto umano, un po’ meno Teo Mammucari, il quale non dava molta confidenza, invece, Rudy Zerbi è totalmente diverso da quello che appare in televisione: lì fa il cattivo, invece, non è vero. Diciamo che in tivù recita molto”.

Il posto con maggior gente che ha apprezzato la tua esibizione?
“Alla fortezza di Gradara, nelle Marche. Mi trovavo a Gabicce Mare e ho avuto l’opportunità di fare spettacolo dentro il castello di Paolo e Francesca, ricordato da Dante Alighieri nella Divina Commedia”.

Lacrime di grande soddisfazione, di rimpianto e di dolore: quand’è che hai vissuto, anche se ancora giovanissimo, questi tre forti e contradditori stati d’animo?
“La mia soddisfazione è stata quello di aver portato in finale un progetto, quello di suonare l’arpa laser con le palline e i cerchi, cosa mai vista né in tivù né su internet,  che tutti credevano impresa impossibile, e portarlo a termine senza errori, ebbene, questo mi ha dato grande soddisfazione. E ho ottenuto numerosi riconoscimenti. Da piccolo, dovendo studiare qui, piangevo ogni settimana perché volevo riabbracciarmi ai genitori, in giro per il mondo per il lavoro. Ogni volta che loro cambiavano posto, io ero costretto a cambiare scuola; un anno sono stato anche in Calabria. Rimpianti, no, ma dubbi qualcuno. Sono una persona vocazionalmente creativa, mi piace fare il designer, ma non so se quello che sto studiando sarà la mia vera strada”.

Cantante, solista preferito?
“John Lennon, sono un tradizionalista, ho tutti suoi vinili. Mercury sì però come artista, come showman, è il più grande, altrettanto formidabile come intrattenitore. Come complessi, i Beatles”.

Qual è la raccomandazione più frequente impartita a te dai nonni e dai tuoi genitori?
“Allenati! Infatti, anche mia nonna, quando si avvicina l’evento in cui devo esibirmi,  mi raccomanda “guarda che c’è l’esibizione, allenati!””.

Il mondo d’oggi e i tanti giovani senza lavoro…
“Io sono convinto che se uno vuole il lavoro riesce a trovarlo. Aleggia molta pigrizia tra noi giovani e c’è poca curiosità. Dal punto di vista politico, non ho ancora maturato un chiaro orientamento politico”.

Cos’è che ti fa rabbia nella vita?
“L’ipocrisia”.

Fossi al Governo?
“Cercherei di mettere un po’ di ordine. Poi, una scrematura e un po’ di ricambio: sono per un Governo con pochi componenti, ma funzionali, tipo quello degli Stati Uniti”.

Il tuo rapporto con il digitale, l’informatica?
“Chi più chi meno, siamo tutti schiavi: rischiano di ingenerare in molti di noi alienazione. Al concerto si va con i telefonini e li guarda, e così non si gode neanche lo spettacolo. Al concerto, 4 anni fa, in Arena a Verona di Paul Mc Cartney, nessuno dei miei amici mi ha voluto accompagnare, e mi sono goduto tantissimo. Magari fossero ancora vivi i Beatles: mi prenoterei il biglietto un anno prima!”

Credi in Dio?
“Forse in un mio Dio. Purtroppo, sono stato battezzato, cresimato senza mia volontà, ma solo per una questione prettamente sociale, perché altrimenti un bambino non può fare catechismo. Però, tutto ciò non ha avuto grande influenza su di me perché essendo stato per un periodo in Cina ho imparato non a guardare in su per scorgere una persona che ci guida, ma guardare non dico in basso ma di fronte a noi e vedere qual è il nostro percorso”.

Paura?
“Paura di fallire nelle cose: ho paura che, quando succederà qualcosa che mi farà sbandare, di essere impreparato a reagire”.

La vita è un gioco?
“Certo; e se non giochi bene, rischi di essere fuori dai giochi. Quindi, ognuno deve giocare meglio le proprie carte, e, poi, come in tutti i giochi, bisogna avere fortuna!”

E, la pallina deve stare sempre in alto, o no, come il nostro morale…
“L’analogia è sbagliata perché io essendo un (ball) bounce jugler, rimbalzando in terra deve andare il più in basso possibile, però, si può benissimo dire che la pallina, alla pari della vita, non deve sfuggire dalle mani, dalla presa di un giocoliere!”

Andrea Nocini per www.pianeta-calcio.it (30 giugno 2018)

© Riproduzione Riservata

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