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venerdì, 26 Aprile 2024
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INCONTRI RAVVICINATI: GIORGIO AVOLA

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Siciliano di Modica di Ragusa, dove è nato l’8 maggio 1989, Giorgio Avola è uno schermidore specializzato nel fioretto. Non solo, ma fa anche parte delle Fiamme Gialle ed è punto di forza, splendido alfiere della nostra Nazionale. Alle Olimpiadi di Seul, nel 2012, conquista l’oro a squadre, mentre il bronzo individuale ed altre 4 medaglie d’oro arrivano per lui nei Campionati Mondiali. Ancora un oro, due bronzi a livello individuale, e tre ori a squadre ai Campionati Europei Assoluti. Nel 2013, nell’ambito dei Giochi del Mediterraneo tenutisi a Marsin, Avola conquista il gradino più alto.

Ma, vediamo il ricco “palma res” dell’atleta ragusano: Giochi Olimpici a squadre: oro a Londra nel 2012. Mondiali di scherma (individuale): bronzo a Catania (2011), sempre Mondiali di scherma (a squadre): oro a Budapest (2013), oro a Mosca (2015), oro a Lipsia (2017), oro a Wuxi (2018) e bronzo a Kazan (2014). Europei di scherma (individuale): oro a Sheffield (2011), bronzo a Torun (2016), a Tblisi (2017) e a Novisad (2018). Europei di scherma (a squadre): oro a Lipsia (2010), oro a Sheffield (2011), oro  Legnano (2012), argento a Strasburgo (2014), argento a Torun (2016), bronzo a Tblisi (2017), argento a Novisad (2018).

Giochi del Mediterraneo: oro a Marsin (2013). Per quanto riguarda la Coppa del Mondo, Avola vanta 13 piazzamenti da podio, 7 secondi posti e 6 terzi posti. Campionati italiani assoluti di scherma (individuale):  argento a Livorno (2011), bronzo a Trieste (2013), argento ad Acireale (2014) e bronzo a Torino (2015). Sempre nei Campionati italiani assoluti di scherma (a squadre): argento a Tivoli (2009), oro a Siracusa (2010), argento a Bologna (2012), a Trieste (2013), oro a Roma (2016), argento a Gorizia (2017) ed oro a Milano (2018).  La pioggia di medaglie d’oro conquistate gli è valso nel 2013 il titolo di Commendatore al Merito della Repubblica Italiana. Nel 2012,  il forte schermidore siciliano viene insignito del “Collare d’oro al Merito Sportivo”, in qualità di “campione olimpico di fioretto a squadre”.

Quando ti si è accapponata la pelle come sportivo e come uomo?
<<E’ chiaro che uno sportivo di qualunque sport sogna di vincere una Olimpiadi. Il momento più bello della mia carriera più che la medaglia, più quel momento in cui ho messo al collo quella medaglia, quell’oggetto, è stato l’attimo in cui mi sono reso conto  – a Londra, nel 2012 – che quel successo sarebbe rimasto per sempre nella mia vita ed andava a braccetto con l’emozione che avevo provato all’apertura. Perché entrare in quello stadio, vedere tutto il mondo unito, per i valori che portiamo con noi, che condividiamo e per cui lottiamo è una sensazione meravigliosa, è stata una bella botta di pelle d’oca>>.

Il tuo rientra negli sport cosiddetti poveri: come si può superare quest’etichetta, cercando anche di riconoscere a questa antica disciplina il giusto riconoscimento economico per i grandi sacrifici che richiede?
<<Più che un discorso di visibilità, di investimento da parte di chi ci crede, degli addetti ai lavori, di chi organizza la manifestazione, serve a livello culturale una spinta,  in quanto fondamentalmente le gare le si devono organizzare per il pubblico perché, nel momento in cui c’è una richiesta, immediatamente ti crea l’offerta. Quindi, noi esercitiamo uno sport che non è molto considerato, non è molto seguito, però, serve al Coni, serve all’Italia quando è il momento di rappresentare la nostra bandiera alle Olimpiadi, ne usciamo sempre a testa alta. Per me, basterebbe a livello culturale educare le persone a livello sport non solo come unicità come può essere il calcio, il tennis, ma lo sport come valore, impegno, sacrificio, scuola di vita. In giro per il mondo, ho visto che c’è tanta gente appassionata di sport, appassionata di scherma e neanche lo sapeva. Bisogna dare la possibilità di dare alla persone di sviluppare questa passione, questa cultura, ma in Italia non si fa: è un Paese in cui funziona soltanto il calcio e l’appuntamento con il calcio. Che è poco sport da quello che si vede in campo: è un gioco che impegna forse più valori sbagliati che giusti, è quella della partita vista a casa con tanto di pizza e patatine. Invece, lo sport è molto altro: è rispetto, sacrificio, impegno, voglia di raggiungere un obbiettivo. Sono questi i principi e i valori che andrebbero insegnati alla gente e grazie ai quali si avvicinerebbero alla scherma in particolare, allo sport in generale>>.

Cosa insegna come peculiarità la scherma?
<<La scherma, in generale, è uno sport di situazione; quindi, tendenzialmente ti addestra a reagire in qualsiasi situazione di pericolo, piuttosto che di eccessiva rilassatezza. Così ti impegna a reagire quando sei in preda al panico, quindi, a prendere una decisione e farlo rapidamente, ed è una caratteristica che oggi nel mondo del lavoro serve tantissimo. Un’altra cosa fondamentale che la scherma ti insegna è il rispetto: noi atleti siamo tutti vestiti di bianco, all’inizio dell’assalto si saluta il pubblico, si saluta l’arbitro, si saluta l’avversario, siamo stati il primo spot con il terzo tempo, alla fine dell’assalto, indipendentemente che tu sia il vincitore o lo sconfitto, stringi la mano al tuo avversario. Sono tutti valori che nella vita quotidiana servirebbero tantissimo, e, in una realtà dominata dalla mancanza di rispetto, dalla maleducazione, un po’ di questi valori andrebbero recuperati>>.

Cos’è che ti commuove di più nella vita di tutti i giorni e cosa invece ti fa più sorridere?
<<Io sono un uomo di sport: mi commuove veramente tanto la caparbietà con cui i ragazzi e lo sport paraolimpico riescono ad affrontare e a superare i propri limiti e a rendere la propria vita bella nonostante i limiti che hanno, ricorrendo a una fatica che è più grande della nostra, e mi commuove il fatto che lo facciano con uno spirito incredibile. A volte, mi lamento per la fatica degli allenamenti, per l’intensità di determinati sacrifici, mentre non mi rendo veramente conto di quello che possono soffrire questi atleti per superare i propri limiti. Un giorno vedevo un ragazzo inchiodato sulla sedia a rotelle, privo delle gambe, e osservava gli altri che correvano sul tapis roulant. Allora, si imputò e,  corse mezz’ora, facendo leva, forza sui gomiti, cercando di trascinare i piedi per correre come gli altri. E, lo faceva con uno spirito incredibile: questo mi commuove, la voglia di mettersi in discussione, di vivere, voglia che neanche noi normodotati abbiamo perché la consideriamo una cosa scontata>>.

In Giorgio Avola vince di più il cuore o la ragione?
<<Sono uno metodico, pratico e razionale, ma non nascondo che la parte emozionale c’è e per questo la mia ragazza è una super emotiva e per questo ci bilanciamo.  Diciamo che in me regna un buon equilibrio tra il razionale e l’emotivo>>.

Esistono due tipi di lacrime: di dolore e di gioia. Ebbene, quand’è che hai provato ultimamente questi due diversi stati d’animo?
<<Ho pianto di dolore quando hai a che fare con i tuoi limiti, quando ti rendi conto che ce la metti tutta e non riesci a superarti o a raggiungere quello che vuoi>>.

Queste sono lacrime di rabbia…
<<A me, fino ad ora, non è mai capitato di piangere per la morte di un mio caro parente o di un mio amico. E’ chiaro che parliamo di fortuna>>.

Il pianto di gioia, per una grande soddisfazione ottenuta?
<<Il pianto di gioia ho avuto la fortuna di viverlo alle Olimpiadi: è un momento che conservo molto gelosamente dentro di me”.

Quando si sono diffuse nell’aria le note dell’inno di Mameli?
<<Ho provato un brivido lungo la schiena, ma, lacrime nessuna>>.

Sei juventino, milanista, interista, qual è la tua “fede calcistica”?
“Simpatizzo fin da piccolino per la Juventus, però, è soltanto il piacere per condividere quella che lei chiama “fede calcistica” con alcuni amici>>.

Hai un idolo bianco-nero?
<<Mi piace il campione semplice, mi piace il talento puro, non mi piacciono gli eccessi, i fronzoli. Un Dybala, quindi, lo vedo come un ragazzo con carattere, talento e voglia di vincere tanto>>.

Insomma, par di capire, che ti piacciono i talenti acqua e sapone…
<<Sì, mi piacciono proprio i talenti dalla faccia pulita>>.

Andrea Nocini per www.pianeta-calcio.it  (maggio 2017)

© Riproduzione Riservata

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